Due carpe: acqua/terra - villaggio/città. Fenomenologie, Kengo Kuma
Due carpe: acqua/terra - villaggio/città. Fenomenologie.
La carpa, simbolo della nuova vita nella tradizione nipponica, è usata come atto figurativo che simboleggia il legame stretto fra il nuovo design dell’architettura e la tradizione; viene ribaltata la definizione “architettura rigida / natura organica” astraendo, con la schematizzazione dei due pesci, un’allegoria che si avvicina all’effimero della scenografia, ma che restituisce comunque delle sensazioni legate alla spazialità architettonica. Un gioco di volumi, reso quasi immaginario dall’eterea inconsistenza dei materiali e amplificato dalle dissolvenze luminose, che parzialmente inghiottono una lunga pedana continua.
Costruita con una struttura metallica, sulla quale è poggiato superiormente un doppio vetro calpestabile, la passerella protegge e mostra una sequenza di immagini retroilluminate che raccontano l’opera dell’architetto giapponese.
Un effetto altamente scenografico, a definire un percorso di lettura delle varie opere di Kuma, che difficilmente potrebbe essere più chiaro nella sequenza proposta ai visitatori. Una sorta di sentiero luminoso che durante l’affollata inaugurazione “ha messo in fila” tutti gli intervenuti generando un inedito ordinato corteo.
Nei recessi sinuosi creatisi tra la forma ad “otto” della pista-circuito, hanno ben convissuto le presenze “inamovibili” del Salone, tra le quali il cavallo ligneo del 1466, e quelle appartenenti alla mostra, le strutture architettoniche riproponenti, in scala reale, due opere di Kuma: la Oribe Tea House e la Paper Tea House.
Risulta intrigante l’interazione che si è generata tra il percorso obbligato - scandito dalla lettura del materiale fotografico - e la libertà offerta dalle suggestioni figurative giù dalla passerella luminosa, con la visione delle strutture aeree e degli interventi a livello del pavimento.
Una spazialità inedita che, partendo dall'assunto del progettista “I want erase the architecture”, cerca, nell’astratto dialogo con il contesto, la ragione spaziale del suo essere e trova, nell’appropriato uso delle suggestioni luminose (messe in opera con la preziosa collaborazione di Carlotta de Bevilacqua), la sua smaterializzazione percettiva.